Sanificazione degli impianti di condizionamento in ambito residenziale

Parlando di sanificazione degli impianti di condizionamento residenziale si riporta un estratto di una guida più estesa inserita nella sezione blog del portale.

Non si rilevano particolari precauzioni riguardo all’accensione o meno di impianti di climatizzazione rispetto al rischio di contagio all’interno di abitazioni, se all’interno dell’abitazione vi fossero soggetti contagiati, sarebbero loro stessi a determinare il più alto rischio di contagio. E’ comunque necessario procedere alla regolare manutenzione degli impianti provvedendo alla sanificazione (pulizia + disinfezione) dei filtri e delle batterie proprio perché questa tipologia di impianti ricicla aria interna che potrebbe essere infetta. La pulizia può essere eseguita meccanicamente anche con l’ausilio di specifici prodotti sgrassanti (anche schiumogeni per penetrare in profondità nelle batterie alettate). La disinfezione può essere effettuata con uno dei prodotti previsti dall’ordinanza della Regione citata in apertura della presente guida.

Parlando di split e fancoil, in generale non è sufficiente la sola pulizia dei filtri. I filtri non riescono a captare tutte le particelle presenti in aria come polveri, batteri, muffe, spore e allergeni che si depositano anche nelle parti interne nella macchina, pertanto bisogna intervenire in queste zone con appropriata pulizia e disinfezione.

La fase di pulizia è fondamentale per rimuovere grasso polvere e residui organici dalla superfice, perché tanti prodotti antibatterici sono efficaci sulla superficie, ma se le superfici sono ricoperte di polvere il batterio o il virus si annida all’interno di questi strati e l’efficacia del prodotto detergente rischia di fermarsi solo in prossimità dello strato più esterno di questi depositi, non andando a uccidere eventuali batteri annidati più in profondità.

Per impianti installati in ambienti a maggior rischio contagio sarà necessario intervenire in maniera ancor più profonda, in quanto il virus, seppur con minor carica virale, potrebbe resistere per un periodo di 4/5 giorni a contatto con le superfici metalliche dell’impianto stesso. Specialmente se l’impianto è attivato il maniera intermittente ci potrebbe essere la possibilità che, virus e batteri, vengano aspirati all’interno dell’impianto, si depositino sulle superfici e, alla successiva riattivazione, vengano reimmessi in ambiente, infettando nuovamente le persone. L’attenzione in questi casi deve essere molto elevata, disinfettando frequentemente, anche giornalmente.

La normativa attuale non prevede specifiche qualifiche per il manutentore che provvede alla sanificazione dei componenti, si suggerisce di descrivere nel rapporto di manutenzione rilasciato ai sensi dei regolamenti nazionali e regionali il tipo di intervento effettuato e le caratteristiche del prodotto utilizzato per la disinfezione (utilizzando igienizzanti contenenti alcool al 70% o cloro 0.1% - 05% oppure utilizzando un disinfettante ad attività virucida approvato dal ministero e dotato di numero di registrazione che lo identifica univocamente) .

La frequenza di sanificazione di un impianto va studiata in funzione delle singole caratteristiche. Una sanificazione si renderà necessaria per esempio al cambio di stagione, intesa come passaggio da riscaldamento a raffrescamento, o comunque prima dell’accensione e dopo lo spegnimento dello stesso. In questo particolare momento la valutazione va fatta caso per caso ed è il tecnico che deve individuare l’idonea tempistica di intervento proponendo al cliente un piano di sanificazione adeguato al proprio impianto.

E’ il professionista che indica al cliente la frequenza e come è meglio operare, al momento non esiste una specifica normativa che ne indichi la frequenza se non quanto indicato sulle manutenzioni degli impianti e/o normative sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.

Ulteriori aspetti su impianti destinati ai luoghi di lavoro o grandi impianti sono trattati all'interno della guida pubblicata sul blog.